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E ora dove andiamo? La recensione su Almanacco Cinema

E ora dove andiamo?, donne unite contro la guerra

Dopo il convincente esordio con Caramel, la regista libanese Nadine Labaki torna alla macchina da presa con E ora dove andiamo?. Ecco la recensione di Almanacco Cinema.

Inizia con una poesia in rima il secondo lungometraggio di Nadine Labaki. La regista libanese, recentemente giurata a Cannes, con E ora dove andiamo? alza la posta in gioco. Se in Caramel raccontava con semplicità e poesia la vita di cinque donne, qui lo sfondo è la guerra religiosa. Un tema spinoso, difficile, che Labaki sceglie di filmare attraverso gli occhi delle donne che la subiscono.

Il film fu presentato al Festival di Cannes nel 2011 nella sezione Un Certain Regard. Attualmente è disponibile sulla piattaforma Prime Video.

E ora dove andiamo?, la trama

In Libano, in un piccolo villaggio isolato dal resto del paese, vive una comunità formata da cristiani e musulmani. I due gruppi vivono in perfetta armonia, nel rispetto delle reciproche fedi, ignorando cosa accade nel resto del paese.

Quando un giorno i ragazzi del villaggio riescono a trovare il segnale televisivo quest’equilibrio si spezza. Ben presto le notizie degli scontri tra cristiani e musulmani che si svolgono altrove infiammano gli animi degli uomini. Inizia così una catena di provocazioni e ripicche che rischia di spingere la situazione sino all’irreparabile.

Mentre gli uomini iniziano a dividersi in fazioni le donne cooperano per mantenere il clima di pace. Mettono in atto, così, una serie di strategie, più o meno lecite, per distrarre mariti, figli e fratelli. La loro incrollabile determinazione le spingerà all’inverosimile, fino a rendere palese l’inconsistenza di qualsiasi conflitto religioso.

Connessione e contagio

Il film inizia sfiorando il tema dei rischi della comunicazione mediale. La prima scena vede i ragazzi del villaggio, braccia in alto, intenti a cercare con una radio il segnale televisivo. Una scena un po’ alla John Cusack in Non per soldi…ma per amore. Non è a una dichiarazione d’amore che mirano, ma a permettere al villaggio, mediaticamente isolato, di guardare la televisione.

L’obiettivo è l’intrattenimento. L’atmosfera un po’ quella di un cineforum sotto le stelle. Facendo zapping, però, arriva il notiziario. Questa connessione con l’esterno, sponsorizzata come “l’ingresso nel ventunesimo secolo”, diventa, dunque, la miccia che dà avvio alla storia.

Lontana dal mondo la comunità è serena, perché vive la quotidianità senza ingerenze. E nella quotidianità non ci sono motivi per fare la guerra. Le notizie, invece, si manifestano come un virus che provoca uno scollamento tra gli uomini e la realtà che vivono. Tutti ne sono vittime e se il giorno prima sono fianco a fianco, il giorno dopo iniziano a guardarsi con sospetto.

Le donne sembrano essere, invece, immuni e non è casuale che la prima strategia che adottano per fermare il contagio è interrompere il “filo” col mondo. Tranciano i fili della corrente e bruciano i giornali. Un atto che può sembrare lontano dalla civiltà, ma che invece è il primo tentativo delle donne per preservarla.

La pace come valore supremo

E ora dove andiamo? è un film che racconta il valore della pace per chi conosce la guerra. La sequenza dei titoli di testa è una specie di processione coreografata con cui le donne, tutte vestite di nero, avanzano verso il cimitero. Sono vedove, orfane, le loro famiglie si sono smembrate per colpa dei conflitti.

Le differenze religiose si manifestano in loro soltanto sotto forma ironica. Si prendono in giro, giocano sulla loro diversità, ma non lo fanno mai seriamente. È come se le loro menti non concepissero in alcun modo la possibilità di lottare a causa delle loro fedi religiose. Per questo motivo sono disposte letteralmente a tutto per salvaguardare la pace.

E ora dove andiamo? La recensione su Almanacco Cinema

La sceneggiatura di Nadine Labaki costruisce in questo senso un climax perfetto. La posta in gioco si alza a poco a poco. All’inizio si limitano a impedire l’arrivo delle notizie. In seguito, provano a colpire la devozione degli uomini inventandosi, in una scena tra le più divertenti, una finta apparizione della Madonna. E poi ancora la seduzione, le droghe, fino alla paradossale e inequivocabile soluzione finale.

Furbe per necessità

Le donne costituiscono in E adesso dove andiamo? una sorta di microcomunità. Quello tra gli uomini è un equilibrio fragile, che trema alle prime incursioni esterne. Loro, invece, pur nelle infinite scaramucce quotidiane, non perdono di vista mai l’obiettivo comune. È solo grazie alla loro indissolubilità che riescono a mettere le mani su questioni da cui solitamente sono escluse.

Un aspetto da sottolineare, infatti, è che se da un lato il film è quasi un elogio all’intelligenza di queste donne, dall’altro ne evidenzia la radice. Sono creative e furbe perché si sono allenate a esserlo nell’inattività a cui gli uomini le hanno condannate.

Nelle questioni importanti le donne non sono legittimate a intervenire. Non vengono interpellate sul da farsi. Non hanno voce. E per questo sono costrette a trovare strade alternative, ad adoperarsi con sotterfugi, e a mentire. Un po’ come Delia in C’è ancora domani che solo sottobanco può davvero agire a favore della figlia, anche loro devono essere scaltre.

La regia di E ora dove andiamo?

L’atmosfera del film, esattamente come in Caramel, è di grande familiarità. Nadine Labaki ci avvicina alla vicenda di queste donne raccontandole con semplicità. Il villaggio, in fondo, ripropone le dinamiche interne di qualsiasi paesino. Le discussioni tra le donne, nel calore e nell’umorismo, per esempio, ricordano un po’ la scena del ragù con Sophia Loren in Sabato, domenica e lunedì di Lina Wertmuller.

Nadine Labaki si muove in ottimo equilibrio tra i generi. La narrazione passa senza troppe sbavature da momenti di grande comicità a scene di grande riflessione. Persino i momenti da musical riescono a inserirsi senza creare troppo fastidio allo spettatore. La regista dimostra in questo modo non solo che si può ridere di tutto, ma che la risata non delegittima mai un messaggio profondo.

E ora dove andiamo? La recensione su Almanacco Cinema

La fotografia, resa calda dalla sabbia del deserto, è accompagnata dalle musiche originali di Khaled Mouzanar, già compositore per Caramel. I brani strumentali sono poetici e scandiscono i momenti più drammatici del film. Per quanto riguarda le canzoni originali i testi sono di Tania Saleh.

In conclusione

Nadine Labaki con E ora dove andiamo? conferma le ottime impressioni del suo esordio alla regia. Affronta con leggerezza di toni e profondità di pensiero il tema della guerra religiosa che ancora oggi affligge il nostro mondo. Non c’è, però, banalizzazione della religione. Anche laddove gli espedienti delle donne sembrano sfiorare la blasfemia, in fondo, la condanna è alle degenerazioni mai alla fede.

La regista libanese elabora un racconto intriso di umanità e disperazione, che trova nella solidarietà delle donne e nella loro tolleranza la sua luce. Si ride, ci si commuove, e soprattutto si riflette sull’irrazionalità di imbracciare le armi contro un nemico che di fatto non è tale.

Il titolo E adesso dove andiamo? svela il suo significato nel finale del film. La battuta viene pronunciata in un contesto preciso, ma l’interrogativo sembra essere posto con inquietudine allo spettatore stesso. La pace costa fatica, sacrifici e compromessi. L’ideale della favola che la regista con speranza ci presenta si trasformerà mai in realtà?

Recensione a quattro stelle su Almanacco Cinema