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L'amica geniale, Elena Ferrante

Elena Ferrante, dalle storie geniali alle narrazioni transmediali

Tutta la produzione letteraria di Elena Ferrante si è imposta sull’intero mercato globale. Da tutti i suoi romanzi vengono prodotti film e serie televisive.

Sembra che ci sia una “capacità immediata di empatia” alla base del successo internazionale delle storie di Elena Ferrante. Tale successo ha portato all’adattamento cinematografico e seriale della maggioranza dei romanzi dell’autrice.

Il primo adattamento è L’amore molesto (1995), film diretto da Mario Martone, al quale è seguito I giorni dell’abbandono (2005) di Roberto Faenza, La figlia Oscura (2021) di Maggie Gyllenhaal, fino alle due serie L’amica geniale (2018) diretta da Saverio Costanzo, e La vita bugiarda degli adulti (2022) prodotta da Netflix e diretta da Edoardo de Angelis.

Sembra che tutti i prodotti di Elena Ferrante abbiano come matrice comune successo e plauso della critica. Tutto ciò ha portato al moltiplicarsi di dibattiti mediatici e accademici, di saggi letterari e indagini cinematografiche, per spiegare la cosiddetta: “Ferrantefever”, fenomeno globale tra i più vividi dell’odierno panorama culturale, l’effetto di una fortuna produttiva davvero emblematica e quasi senza precedenti, che ad oggi vede la pubblicazione della saga in quarantotto Paesi e una crescente espansione transmediale del suo universo narrativo.

Anna Bonaiuto in una scena de L'amore molesto di Mario Martone

Dai miti a Freud, il rapporto madre figlia raccontato da Elena Ferrante

Dall’opera prima, L’amore molesto, alla quadrilogia dell’Amica geniale, le donne raccontate incarnano e riadattano svariati archetipi del femminile attraverso uno straordinario processo di mitopoiesi.

Ferrante evoca una genealogia millenaria di donne dominate, ammutolite e, infine, cancellate dal loro essere rinchiuse in uno spazio sotterraneo e nascosto: una sorta di rimozione archetipica del femminile, ciclicamente ricorrente e tuttora in atto, operata dal dominio maschile.

Dalla rivisitazione del mito di Demetra e Persefone, presente ne L’amore molesto, a quello di Leda e il cigno, riscritto ne La figlia oscura, la scrittrice si è occupata della rappresentazione del rapporto madre figlia regalandoci un’interpretazione del tutto nuova.

Per la prima volta, infatti, l’archetipo jughiano della Grande Madre viene messo in discussione. Basta con le madri dedite e amorevoli, che si dia spazio alle madri che provano difficoltà a ricoprire quel ruolo; che si raccontino le spaccature e l’incapacità, che si scongiuri l’oggettività dell’istinto materno.

Olivia Coleman in una scena de La figlia Oscura

La collaborazione epistolare tra Elena Ferrante e i suoi registi

Grazie al libro di autocommento dell’autrice, La frantumaglia, si può assistere ad una vera e propria collaborazione scritta tra Elena Ferrante e i registi delle sue opere. Il testo indaga i dubbi, le divergenze creative e il processo di adattamento che vede registi e scrittrice cercare di trasportare nel modo più integro possibile il fulcro e la verità dei romanzi; un processo capace di modificare, mettere in dubbio, riqualificare, i veri significati che l’autrice ha creato nelle sue storie.

Un esempio interessante si trova nello scambio di lettere che prende l’avvio il 5 aprile 1994, fra la scrittrice e Mario Martone. Il regista inviò la sceneggiatura dell’Amore molesto a Ferrante con una lettera di accompagnamento. In seguito, seguì uno scambio epistolare: “Caro Sandro, certo che sono curiosa, non vedo l’ora di leggere la sceneggiatura di Martone. (…) Ho paura di scoprire che so poco del mio stesso libro.

Temo di vedere nella scrittura di un altro (una sceneggiatura è scrittura specialistica, mi immagino, ma pur sempre scrittura per fare racconto) ciò che ho veramente raccontato e disgustarmene; o scoprire invece la debolezza, o anche semplicemente di accorgermi di ciò che manca, di ciò che avrei dovuto raccontare”.

Lungo lo scambio epistolare fra i due artisti furono tanti i suggerimenti e le domande che seguirono la lavorazione, dai toni delle battute, alla discussione delle location. L’esperienza tra i due si concluse con la creazione di «un film di suoni e sensi». Questa la prima riga dell’ultima lettera indirizzata al regista da parte di Ferrante: “Caro Mario, ho visto e rivisto il film, è assai bello, mi è sembrato un lavoro importante” .

Stesso tipo di collaborazione si è instaurò anche con Luigi Faenza per I giorni dell’abbandono. Lettere e suggerimenti della scrittrice fecero “da mappa” al lavoro registico. “Per Olga confesso che non avrei mai pensato a Margherita Buy e proprio per questo, forse, la sua bravura mi ha particolarmente colpita.

Le parole hanno una materialità diversa per le immagini, i modi e le figure che evocano ci sembrano precisi e invece sono duttili. Margherita Buy è diventata un’Olga imprevista, ma che mi piace.”

Saverio Costanzo, Ludovica Nasti e Elisa del Genio sul set de L'amica geniale

L’amica geniale di Costanzo, un nuovo modo di fare neorealismo

Passiamo ora alla collaborazione più proficua, e di certo più risonante, dell’intera produzione mediale di Elena Ferrante, quella con Saverio Costanzo per la trasposizione della quadrilogia che vede la nascita della serie L’amica geniale, iniziata nel 2018 e tuttora in corso. La prima e la seconda stagione della serie TV sono dirette da Saverio Costanzo e parzialmente da Alice Rohrwacher.

La terza stagione (Storia di chi fugge e di chi resta, 2022) vede sempre la partecipazione di Costanzo ma è diretta da Daniele Lucchetti. La quarta stagione (Storia della bambina perduta) uscirà nel 2024, con la co-regia di Lucchetti e Costanzo. La sceneggiatura, sta volta, vede l’apporto diretto di Ferrante, in collaborazione con Saverio Costanzo, Laura Paolucci e Francesco Piccolo.

L’ adattamento televisivo è stato spesso descritto in termini di “fedeltà” al romanzo: segue da vicino gli eventi descritti nei libri, riproduce intere sezioni di dialogo e presenta una voce fuori campo tratta direttamente dal testo di Ferrante.

Il produttore Domenico Procacci parla di un “nuovo modo di fare il neorealismo epico”, un’affermazione rafforzata da scene che rendono omaggio a maestri del neorealismo di fama internazionale come Roberto Rossellini, Thomas Urbain e Severine Rouby, ma che cambia direzione insieme al mezzo televisivo.

Sebbene il risultato sia una narrazione fortemente improntata alle caratteristiche della serialità, che dà il posto d’onore al ritmo, piuttosto che alla continuità dell’approccio storicista tipico del neorealismo.

Un tipo di lavoro che si affida più all’immagine e che, si, attinge da un archivio ideale neorealista, ma che riesce anche a soddisfare “l’’immediatezza che caratterizza la televisione”, costituendone il valore di primaria modalità comunicativa, su cui si basa il nome del brand, cruciale per la promozione della serie televisiva.

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