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Frances Ha

Frances Ha, quanta fatica per diventare adulti

Prima collaborazione autoriale della golden couple Greta Gerwig/Noah Baumbach, Frances Ha fu accolto molto bene dalla critica. Sullo sfondo di una New York in bianco a nero, il regista racconta speranze e turbamenti di un’aspirante ballerina. Ecco la recensione di Almanacco Cinema.

Inizia con l’idillio tra due giovani ragazze Frances Ha di Noah Baumbach. I primi secondi del film ci presentano una coppia affiatata, sia nella quotidianità della loro casa che fuori. Si divertono insieme, cucinano insieme, passano i pomeriggi insieme e dormono persino nello stesso letto.

Frances Halladay (Greta Gerwig) e Sophie (Mickey Sumner), però, non sono una coppia, perlomeno non nel significato canonico. Sono entrambe fidanzate con dei ragazzi, ma il loro legame di amicizia sembra avere la priorità sulle loro relazioni sentimentali. O almeno così sembra.

La trama

La convivenza a Brooklyn tra Frances e Sophie, coinquiline ma soprattutto amiche, si interrompe bruscamente dopo anni. Frances, invitata dal suo ragazzo a vivere insieme, si rifiuta di lasciare Sophie e anzi rompe la relazione con lui. Sophie, al contrario, comunica all’amica che andrà a vivere a Tribeca con una vecchia conoscenza.

Il film a questo punto segue Frances, il suo spaesamento, e i suoi tentativi di trovare il suo posto nel mondo. Le case in cui si ritrova a vivere, il suo lavoro da ballerina e coreografa e le persone che incontra. Ci sono Lev (Adam Driver), belloccio e brillante scultore, Benji (Michael Zegen), aspirante commediografo, forse interessato a lei, e ancora Sophie. Il film segue l’evoluzione del rapporto tra lei e Frances. I punti più bassi, le riconciliazioni, e infine una dolce consapevolezza.

Frances Ha

Frances si ritrova a fare i conti con un’età che la condanna a essere adulta ma in cui non ha ancora trovato una dimensione. Le aspirazioni e i sogni dell’infanzia e dell’adolescenza sono sfidati a duello dalla realtà. Frances lotta per non cedere, ma i bisogni, come quello di pagare l’affitto, sono concreti.

Alla fine la ragazza capirà che fare i conti con il reale non per forza vuol dire rinunciare ai propri sogni. Essere pragmatici, a volte, è semplicemente una necessità che, se si mantiene alta la speranza, può portarci proprio dove volevamo andare.

Quando si diventa “grandi”?

Il tema chiave di Frances Ha, e anche quello più interessante, è il passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Ma cosa vuol dire diventare “grandi”? In un passaggio del film la ragazza di Lev dice a Frances che sembra molto più vecchia di Sophie (che ha invece la stessa età), ma anche più immatura. A ventisette anni per la società stai entrando di fatto nell’età adulta. Devi avere un progetto, devi realizzarlo, devi già aver raggiunto qualche traguardo.

Frances, invece, sta ancora cercando il suo centro. Non riesce nemmeno a dare una definizione di sé stessa. Non riesce a dire a cuor leggero di essere una ballerina perché, di fatto, non sta facendo la ballerina. E così si barcamena tra case, lavoretti, incontri, che però non la portano lontano.

In un divertente dialogo tra lei e Benji, il ragazzo esordisce dicendo: “Sta andando tutto alla grande”. Bastano due parole di Frances, che gli ricorda che non hanno un soldo, per farlo ritrattare: “Sta andando tutto a rotoli”. Questa oscillazione, che può sembrare un’iperbole, è in realtà una sensazione molto comune. È spesso il caos a caratterizzare la fase di transizione in cui da “ragazzi” diventiamo “adulti”.

Crescere, sembra capire Frances, è iniziare a fare i conti con il fatto che i nostri sogni potrebbero non realizzarsi. O almeno non nel modo in cui li avevamo immaginati. Accettarlo non è rinunciarvi del tutto, ma prendere in considerazione strade più complesse, meno luminose, ma che inaspettatamente possono condurci comunque ai nostri obiettivi.

D’altronde non tutto deve essere lineare, limpido e perfetto. Come dice Frances: “Mi piacciono le cose che sembrano errori”.

Frances Ha

Frances Ha, ritorno a Sacramento

Il vacillare tra la giovinezza e l’età adulta risulta ancora più evidente quando Frances torna a casa per Natale. Coccolata dai genitori, da parenti, e da amici di vecchia data Frances, in qualche modo, risorge. Si rasserena perché può legittimamente tornare a essere figlia, e quindi bambina. Le lacrime che versa quando all’aeroporto saluta i suoi genitori sanciscono la consapevolezza che bisogna tornare a lottare.

Questa fuga natalizia a Sacramento con facilità si può attribuire all’intervento di Greta Gerwig alla sceneggiatura. La regista di Barbie è nata proprio nella cittadina poco lontana da Los Angeles. Non a caso il suo esordio alla regia, l’ispiratissimo Lady Bird, racconta proprio il desiderio della sua protagonista di lasciare Sacramento e studiare a New York.

La passeggiata spensierata in bici di Frances tra le strade di Sacramento non a caso è ripresa dal primo lungometraggio della regista. Nel finale del film Lady Bird (nome con cui la protagonista si fa chiamare) racconta alla madre l’emozione di aver guidato per la prima volta nelle strade della sua infanzia. Il suo sguardo mentre posa gli occhi su quei luoghi che conosce da sempre è uno sguardo commosso.

C’è, però, una differenza sostanziale. Lady Bird nel girare in auto a Sacramento vive la commozione e l’orgoglio della crescita. La patente, appena conseguita, è una tappa oggettiva del passaggio dalla fanciullezza all’età adulta. Quella passeggiata al tramonto è per lei una conquista.

Frances, invece, sceglie il mezzo di trasporto dell’infanzia: la bicicletta. Ripercorre quelle strade nell’esatto modo in cui lo faceva da bambina. Il suo è uno slancio nostalgico, e infatti il suo volto tradisce un velo di tristezza. Un po’ di quella spensieratezza che quasi tutti hanno da bambini è ormai perduta.

Frances Ha

L’amore secondo Frances

L’attrazione che si prova per il personaggio interpretato da Greta Gerwig deriva probabilmente da un mix di vari elementi. Primo fra tutti il suo ottimismo. Frances continua a compiere scelte che non la valorizzano, che non le permettono di fare il grande “salto”, ma non demorde. Continua con una certa innocenza a rimanere sé stessa.

A momenti di grande comicità, spesso involontaria, Frances alterna alcune riflessioni più profonde. In particolare, nel corso di una cena, forse anche un po’ alticcia, descrive cos’è per lei l’amore. Usa semplicemente un’immagine: quella di due persone che in una stanza affollata, distratte da conversazioni diverse, si ritrovano occhi negli occhi. Non per possessività aggiunge, ma solo perché è come se fossero in un mondo segreto, che nessuno vede a parte loro.

Frances ne parla come di qualcosa che sta cercando, qualcosa che si aspetta dalla vita. Forse, però, ciò che sogna è più vicino di quanto non si aspetti.

Lo stile di Frances Ha

Tra i riferimenti espliciti di Noah Baumbach c’è sicuramente la Nouvelle Vague francese. E forse la scelta del bianco e nero vintage deriva proprio da questo. Nella ricca e varia colonna sonora ritroviamo brani di Georges Delerue e di Antoine Duhamel, compositori sia per Jean-Luc Godard che per Francois Truffaut. Inoltre, Frances decide di trascorrere un weekend proprio a Parigi e la vediamo attraversare la città sulle note degli Hot Chocolate.

L’ambientazione new yorkese e un certo ritmo dei dialoghi, inoltre, ricordano il Woody Allen della fine degli anni ’70. In particolare, inevitabile per il bianco e nero è il confronto con Manhattan (1979). È una vicinanza estetica e di atmosfera più che di caratterizzazione del protagonista. Frances è, infatti, priva del cinismo di Isaac, ma suscita un simile interesse nello spettatore.

Curiosamente, tra l’altro, in Frances Ha a interpretare Rachel, una collega di Frances, è Grace Gummer, figlia di Meryl Streep. L’attrice era, all’epoca delle riprese, poco più piccola della madre ai tempi di Manhattan. L’inevitabile somiglianza fisica tra le due, agli spettatori più attenti, può creare una sorta di effetto dejà vu.

Frances Ha

In conclusione

Noah Baumbach e Greta Gerwig realizzano con Frances Ha una pellicola che mette in forma una fase quasi universale della vita. Per questo la forza del film sta proprio nella sua protagonista, in cui molti si riconosceranno. Con Frances è difficile non empatizzare. Quasi impossibile non guardarla con tenerezza. Questo si deve anche all’interpretazione di Greta Gerwig che, avendo contribuito anche alla scrittura del personaggio, è decisamente a fuoco.

Il film forse in alcune fasi scorre un po’ lento. Essendo una cosiddetta character driven story, che avanza solo grazie alla sua protagonista, non lo consiglierei a chi ama le trame intricate. Interessanti, invece, i dialoghi, così come le scelte musicali (dalla Nouvelle Vague a David Bowie).

Stilisticamente godibile da tutti, certamente Frances Ha è per la sua essenza un film generazionale. Guardarlo mentre si vive la stessa incertezza di Frances non solo consola, perché quella incertezza è resa universale, ma incoraggia. In qualche modo, prima o poi, le piccole grandi soddisfazioni della vita arriveranno.

Lo trovate in streaming su Prime Video.

Recensione a quattro stelle su Almanacco Cinema