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Il gusto delle cose

Il gusto delle cose : la recensione su Almanacco Cinema

Arriva in Italia, a un anno dall’esordio al Festival di Cannes, Il gusto delle cose, l’ultimo film del pluripremiato regista Trần Anh Hùng. Ambientato nel 1885 vede in scena due protagonisti del cinema francese: Benoît Magimel e Juliette Binoche.

Il film, in concorso per la Palma d’oro 2023, ha permesso a Trần Anh Hùng di vincere a Cannes il Prix de la mise en scène. Prodotto e distribuito dalla Gaumont, viene distribuito in Italia da Lucky Red a partire dal 9 maggio.

Il gusto delle cose

Il gusto delle cose, la trama

Il gusto delle cose racconta la relazione professionale e sentimentale tra il gastronomo Dodin Bouffant (Benoît Magimel) e la sua talentuosa cuoca Eugenie (Juliette Binoche). Dopo vent’anni trascorsi insieme in cucina (ma non solo), lui vorrebbe sposarla. Eugenie, però, pur subendone il fascino e a suo modo amandolo, sembra resistergli.

Il gusto delle cose

Il regista attraverso pochi ma efficaci dialoghi, tanti sguardi, e moltissimi piatti rivela lentamente i sentimenti dei due protagonisti. Emergono la complicità (professionale e personale), la conoscenza profonda, ma soprattutto una delicata forma di reciproco rispetto.

Il gusto delle cose, un ritorno ai fornelli

Nel vedere Juliette Binoche alle prese con i fornelli la mente non può che andare al bellissimo Chocolat di Lasse Hallstrom. Sono passati ventiquattro anni da quando l’attrice francese, sulle avvolgenti note della colonna sonora composta da Rachel Portman, metteva su la sua cioccolateria.

Il gusto delle cose

Se in Chocolat il cioccolato era provocatorio, scandaloso e per questo seducente, qui il cibo è pura forma di comunicazione. Seduce sì, ma è una seduzione che viene dalla cura, dall’applicazione, dal vedere qualcuno concentrarsi minuziosamente su un piatto che poi mangerà qualcun altro.

La Passion de Dodin Bouffant

Il titolo francese del film, La Passion de Dodin Bouffant, suggerisce bene le due chiavi di lettura del film. La “passione” è certamente quella della cucina, che Dodin condivide non solo con Eugenie ma anche con i suoi amici che spesso diventano ospiti. Il modo in cui parla di pietanze, cibi e sapori lo rendono affascinante a chi ascolta. Ottima in questo senso l’interpretazione di Benoît Magimel.

Il gusto delle cose

La “passione” però è anche e soprattutto quella che lega Dodin ed Eugenie. Non si tratta di una passione plateale, esplicitamente fisica o matura. Anzi, nonostante i vent’anni di conoscenza e nonostante siano, come lui stesso ammette, nell’autunno dei loro anni, c’è una tenera discrezione tra di loro.

Tale è il riserbo che per la prima parte del film lo spettatore con fatica potrebbe essere certo del tipo di rapporto che li lega. Eppure, delicatamente ma con entusiasmo, si amano.

Il gusto delle cose, il titolo internazionale

Il titolo italiano, che traduce il titolo internazionale The Taste of Things, richiama un altro aspetto del lavoro di Trần Anh Hùng. Il gusto delle cose, infatti, è quello che sentiamo quando ci concediamo il piacere di assaporare. Nel film i personaggi non mangiano mai soltanto per nutrirsi.

Ogni colazione, pranzo o cena, se affrontati con apertura e curiosità, sono l’occasione per vivere un momento unico di benessere. Dodin, ad un certo punto del film, di fronte a Eugenie e a una semplice omelette, dirà che per lui quello è il momento migliore della giornata.

Il gusto delle cose

In questo senso Il gusto delle cose ricorda un po’ la filosofia dei Perfect Days di Wim Wenders. Spesso basta riuscire a vivere davvero nel presente, e a godere con apertura del quotidiano, per essere felici.

Il cibo come esperienza collettiva

Il gusto delle cose non è il primo e non sarà l’ultimo film a parlare di cucina ma lo fa con uno sguardo interessante. L’alta cucina non è elitaria e terrifica come, per esempio, nell’americano The Menu. Nel film di Mark Mylod, uscito nel 2022, il glaciale chef Julian (Ralph Fiennes) trasforma la sua sala in uno spazio rigoroso ma asettico.

Qui il rigore si caratterizza più come diligente dedizione. Da un lato il cibo è inserito nella Storia, attraverso una serie di racconti e aneddoti su grandi chef, antiche ricette, e il loro legame con la politica.

Il gusto delle cose

Dall’altro, però, è pura ed essenziale convivialità. Non si cucina per vanto, ma per collettivo godimento. Eugenie, per esempio, lo fa per sé stessa ma soprattutto per allietare i suoi ospiti, per donargli un’esperienza gustativa. Dodin lo fa, quando sovviene la possibilità, per dimostrarle il suo amore sincero.

Il gusto delle cose, cucinare per dire “ti amo”

Una delle sequenze più belle del film è quella in cui i ruoli si invertono. Eugenie, costretta a riposo dopo un malore, non può metter piede in cucina. Dodin riversa allora nella preparazione di un menù, creato soltanto per lei, tutto quello che ha da dirle.

Il gusto delle cose

Le parole, come in generale in tutto il film, sono pochissime ma il volume sentimentale della loro conversazione silente è altissimo. La sintonia tra i due interpreti raggiunge il suo apice, grazie soprattutto alla grande generosità espressiva di Juliette Binoche.

Il gusto delle cose, la regia

Premiata a Cannes, la regia di Trần Anh Hùng per Il gusto delle cose è sofisticata e coinvolgente. Spesso nei dialoghi tra i due protagonisti non ci sono tagli. La macchina si muove fluida passando da Dodin a Eugenie, e viceversa, come a sancire questo perfetto gioco a due che hanno intrapreso da anni.

Nelle sequenze all’aria aperta, poi, quasi sempre la macchina da presa segue i suoi personaggi dalla distanza. La presenza di arbusti e foglie tra l’obiettivo e i protagonisti, “allontanando” lo spettatore, amplifica il senso di intimità tra di loro.

Il gusto delle cose

Infine, fondamentale a creare l’atmosfera giusta è il montaggio sonoro. Fino ai titoli di coda non c’è musica, e l’impianto sonoro è sostenuto unicamente dai suoni d’ambiente, quelli della natura, ma soprattutto quelli della cucina.

Tutto è perfettamente distinguibile: i diversi materiali di pentole e cucchiai, le diverse consistenze degli alimenti, i sospiri concentrati di chi è al lavoro. Impossibile non sentirsi in quella cucina e non provare a fantasticare su odori e sapori.

In conclusione

Il gusto delle cose è un film esteticamente piacevole da guardare, ma soprattutto multisensoriale. Non ha una storia complessa nella trama, ma trae la sua forza dalla cura dei dettagli.

La sceneggiatura è asciutta, minimale, ma per questo quasi sempre colma di significato. Per tentare una metafora culinaria, si potrebbe dire che i dialoghi de Il gusto delle cose sono come il sale in una pietanza. Ce ne vuole poco, ma contribuisce in modo essenziale al sapore finale.

Infine, il film mette in scena una storia d’amore di rara forza. È un amore maturo, ma fresco e gioioso, con un romanticismo gentile a cui forse ci stiamo disabituando.